mercoledì 6 maggio 2009

Tutte le novità del Ddl sicurezza: via la norma sui presidi-spia

«Via libera alle ronde». La norma-simbolo di questo Ddl sicurezza è senza dubbio quella che legalizza le cosiddette ”ronde”. Significa che l’ultimo testo attualmente in discussione stabilisce che le associazioni di cittadini potranno pattugliare le città, i paesi, i parchi pubblici e tutti i luoghi in cui l’accesso è libero e segnalare alle forze dell'ordine situazioni di disagio sociale o di pericolo. Queste associazioni dovranno essere iscritte in elenchi speciali tenuti dal ministero dell’Interno e - ovviamente - non avranno alcun potere di svolgere accertamenti o indagini alcun tipo.

Severi anche i requisiti richiesti per svolgere questo tipo di attività di prevenzione del crimine: oltre ad una fedina penale immacolata, la legge stabilisce che le organizzazioni di ”rondisti” dovranno essere formate prevalentemente da ex appartenenti alle forze dell’ordine. La norma ha suscitato violente polemiche e prese di posizione anche da parte dei sindacati di polizia, nonostante che associazioni del genere esistano già da anni e abbiano dimostrato di poter operare in stretto coordinamento con le forze dell’ordine. Proprio ieri, in piazza Montecitorio a Roma, i segretari di segretari del Siulp, Siap-Ansp, Silp-Cgil, Ugl, Confap-Italia Sicura, Coisp e Uilps hanno manifestato contro la norma, protestando per la «continua e sempre più incalzante erosione del sistema delle regole e dei diritti».

In realtà, ad animare la contestazione, era soprattutto la rabbia per i tagli ai fondi per la sicurezza, che hanno bloccato anche i pagamenti per gli straordinari. «I tagli alla sicurezza ci sono e sono pesanti - hanno spiegato i sindacalisti - Ci hanno tagliato le risorse economiche e hanno ridotto ad una condizione di mera sopravvivenza anche economica il personale delle forze di Polizia».

«Legge ad-hoc per medici-spia». Una delle norme che hanno suscitato maggiori polemiche nell’opposizione e nella maggioranza, quella dei medici-spia, è stata esclusa dal decreto sicurezza alla fine del mese di aprile. Il testo prevedeva l’obbligo per i medici di segnalare alle autorità di Ps le generalità e il domicilio di tutti i pazienti cosiddetti ”irregolari” che si sottopongono a cure, anche di primo soccorso.

La norma ha suscitato immediatamente la reazione della categoria dei sanitari, che in parte si dichiarò pronta alla disubbidienza civile in caso di approvazione definitiva del testo. Successivamente, anche alcuni esponenti della maggioranza hanno manifestato qualche perplessità, tanto da arrivare alla definitiva espulsione della norma dal testo del Ddl ancora in discussione dopo che un emendamento in tal senso era stato presentato dai due relatori di maggioranza del provvedimento, Jole Santelli e Francesco Sisto.

Su questa norma che dava ai medici la possibilità di denunciare i clandestini si erano appuntante fin dall'inizio le dure critiche del presidente della Camera Gianfranco Fini, di Alessandra Mussolini e di altri esponenti della maggioranza, che le avevano formalizzate nella lettera dei ”101”, che è stata poi condivisa anche dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Ieri, al termine del vertice di maggioranza, la norma sui medici-spia è definitivamente scomparsa dal ddl sicurezza, con il sostanziale consenso della Lega. Tuttavia, alcuni esponenti del Carroccio hanno fatto sapere che, sebbene sia stato eliminato dal Ddl sicurezza, l’obbligo di denuncia da parte dei medici potrebbe ricomparire in una legge ”ad hoc”.

Nei Cpt da 60 a 180 giorni. E’ probabilmente la norma più utile per il contrasto all’immigrazione clandestina, e consente alle autorità italiane di trattenere fino a 180 giorni nei Cie (Centri di identificazione ed espulsione) tutti i migranti che vengono intercettati, in attesa che le autorità dei paesi di provenienza ne confermino le generalità e accettino il rimpatrio. La norma attuale, che consente di trattenere i clandestini per soli sessanta giorni è infatti praticamente inutile. Entro due mesi, infatti, le nostre autorità dovrebbero riuscire a sbrigare due pratiche: l’identificazione e l’espulsione.

Per la prima sarebbero sufficienti poche ore: inviando le impronte e le foto del soggetto al paese di provenienza del migrante l'operazione potrebbe essere chiusa in una mattinata; e il giorno successivo i migranti identificati potrebbero essere caricati su una nave, oppure su un volo charter, ed essere rimpatriati. Questo prevedono gli accordi unilaterali con Egitto, Tunisia, Nigeria, Marocco, Algeria e Libia. Ma una cosa è la teoria, un'altra cosa è la pratica. Perché ci sono alcuni paesi, ad esempio la Tunisia, che ritengono che un rimpatrio di massa ogni settimana sia lesivo per l'immagine del governo. Di più: lo ritengono offensivo. Pensano che agli occhi dell'Europa, rischierebbero di passare per il paese che produce derelitti, clandestini che nessuno vuole.

E allora fioriscono regolamenti diversi da stato a stato. Ad esempio: l'Italia può rimpatriare non più di sette tunisini per volta. Ma solo a Lampedusa, di tunisini identificati da rimpatriare ce ne sono a centinaia. Ed ecco che la scadenza dei sessanta giorni era praticamente impossibile da rispettare. Adesso di giorni a disposizione ce ne saranno 180. E accordi più stringenti, volti a evitare la ritrosia di certi paesi a riprendersi i propri concittadini potrebbe aiutare di molto la politica anti-immigrazione clandestina del governo.

Cancellata norma presidi-spia. Scomparsa dal ”ddl sicurezza” la norma sui medici-spia, ecco che ne era spuntata una analoga, che aveva l’obbiettivo di raccogliere nelle scuole informazioni per il contrasto dell’immigrazione clandestina. Il testo prevedeva che ogni immigrato, per avere diritto a qualsiasi tipo di prestazione pubblica (compresa l'iscrizione a scuola) dovesse presentare il permesso di soggiorno. In caso contrario, sarebbe scattato l'obbligo (anche a carico dei presidi di scuola) di denuncia, perché questo ddl sicurezza introduce il reato di clandestinità.

L’iter di questa norma è stato molto simile a quello sui medici-spia: sono scoppiate le inevitabili polemiche tra gli addetti ai lavori e le forze di opposizione hanno minacciato barricate. E pure molti esponenti della maggioranza hanno preso le distanze. Fino a quando il ministro della Difesa, Adolfo La Russa, ieri ha annunciato la svolta, che dava seguito ad una iniziativa esplicita del presidente della Camera, Gianfranco Fini: «Per iscriversi alla scuola dell'obbligo non sarà necessario presentare il permesso di soggiorno. Pertanto i presidi non potranno sapere se la famiglia dello studente è clandestina e non potranno fare la spia».

In realtà, a decadere è solo la parte della norma che si riferiva alle scuole: «E’ stata accolta la richiesta di considerare il diritto di partecipare alla scuola dell'obbligo - ha spiegato il ministro dell’Interno Roberto Maroni - E’ un'eccezione a tutela dei minori, ma il principio generale dell'obbligo del permesso di soggiorno per chiedere licenze, autorizzazioni o iscrizioni è affermato e di questo sono soddisfatto». In questo modo viene salvaguardato quindi il diritto all'istruzione dell'obbligo per i figli dei clandestini, a favore del quale si era schierato il presidente della Camera, Gianfranco Fini.

Mantenuti poteri Dna. I magistrati della Direzione nazionale antimafia mantengono i loro poteri. Esattamente come prima che nel ddl sicurezza venisse inserita una norma che limitava le loro attività di coordinamento ai procedimenti già pendenti dinanzi ai tribunali. Adesso, grazie ad un intervento del Guardasigilli Alfano, seguito all’appello vibrato del superprocuratore antimafia Piero Grasso, quella norma è stata eliminata dal ddl sicurezza e i pm della Dna hanno riavuto i loro poteri di coordinamento investigativo.

Sempre a proposito di strategie di contrasto alla mafia, il governo ha raggiunto un accordo anche sulla norma anti-racket che impediva di far partecipare ad appalti pubblici gli imprenditori che non denunciano le estorsioni subite dalle cosche. La norma aveva diviso Lega-Pdl e governo e ieri, dopo il vertice di maggioranza, si è tornati alla versione principale, quella già approvata al Senato. Ma con una modifica: l'imprenditore che vorrà partecipare ad una gara d'appalto dovrà sempre denunciare eventuali tentativi di estorsione subiti in precedenza, ma tuttavia non potrà essere escluso se verrà ravvisato lo «stato di necessità».

Si tratta di un concetto che ancora non è stato definito bene nei suoi contorni: ma che tuttavia potrà essere invocato ad esempio se l’impreditore abbia ricevuto minacce personali di morte, per sè o per i suoi congiunti. Oppure se sia rimasto vittima di attentati dimostrativi dal significato inequivocabile.

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