mercoledì 6 maggio 2009

Sicurezza, arriva fiducia su ddl, Maroni: Fine della telenovela

Roma, 6 mag (Velino) - “Fine della telenovela su queste norme”. Il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, è soddisfatto dopo la decisione del Consiglio dei ministri di autorizzare la fiducia sul disegno di legge sicurezza. La maggioranza vuole evitare altre fibrillazioni, come quelle che si sono verificate nelle votazioni al decreto sicurezza (sempre a Montecitorio), e cerca di spianare la strada a una veloce approvazione del provvedimento. Come ha annunciato il leader del Carroccio, Umberto Bossi, oggi verrà posta la fiducia e domani sarà votata. Sono, quindi, tre gli emendamenti approntati dal governo al testo: uno riguardante l’immigrazione, uno sulla lotta alla criminalità organizzata e uno sulla sicurezza pubblica. E non c’è nessuna “ferita grave alla Costituzione”, spiega il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto, replicando alle critiche del presidente dei deputati del Pd, Antonello Soro. “Le norme contenute nel provvedimento - ha spiegato Maroni - sono tutte valide e sono norme già presenti in altri Paesi europei, compreso il reato di immigrazione clandestina. Se c'è una critica da fare - ha continuato il ministro - è quella di non essere riusciti prima ad approvarlo prima. Ora poniamo finalmente la parola fine a questa telenovela”. Dall’opposizione, però, piovono accuse. “Le divisioni sono così profonde e laceranti che potranno essere superate solo ricorrendo ai voti di fiducia” ha detto Donatella Ferranti, Pd. “È un vergognoso tentativo di regime - ha aggiunto Antonio Di Pietro, leader di Idv - quello che il governo sta portando avanti. A colpi di fiducia fa passare delle leggi ignobili sul piano dello Stato di diritto e della funzionalità”. Il centrosinistra, del resto, ha gioco facile nel lanciare accuse alla maggioranza dopo che nell’aula della Camera è stato bocciato, con il voto segreto, un emendamento al ddl di ratifica del Trattato di Prum riguardante i casi di prelievo forzoso del Dna. “Appena c’è un voto segreto – ha commentato il segretario del Pd, Dario Franceschini – vanno sotto, se non mettono la fiducia la maggioranza non tiene. Devono ottenerla con la forza”. Tuttavia, alla rippresa dei lavori dopo la sospensione resa necessaria dalla modifica, la maggioranza - che giudica non decisivo l'emendamento approvato - ha superato due test consecutivi di scrutinio segreto. ISulla prima delle due prove, la differenza tra sì e no è stata di soli sei voti.

Ieri, dal vertice di governo e maggioranza che si è tenuto a Montecitorio ieri - presenti i ministri Roberto Maroni, Angelino Alfano, Ignazio La Russa, Roberto Calderoli e dei capigruppo di Camera e Senato di Pdl e Lega - è emersa la “piena sintonia della maggioranza” su tutti i punti del provvedimento sulla sicurezza. “Non ci sono mai stati timori per il voto segreto – ha spiegato Roberto Maroni - , l’unico timore era che il provvedimento non venisse approvato rapidamente: oggi abbiamo risolto tutte le questioni messe sul tappeto. Posso dire che per quanto riguarda la maggioranza c’è piena condivisione sul testo su tutti gli articoli. Sono soddisfatto di come la maggioranza abbia trovato una unità totale su tutti i punti, adesso si tratta di procedere rapidamente con l’approvazione perché il provvedimento dovrà tornare al Senato”. “L’importante - ribadisce il titolare del dicastero dell’Interno usando un gioco di parole - è mettere in sicurezza il ddl sicurezza”.

Il ministro dell’Interno ha spiegato poi nel dettaglio i due punti del ddl su cui si è trovata la quadra: le norme su appalti e antiracket, e la questione dei cosiddetti “presidi spia”, su cui ieri il presidente della Camera Gianfranco Fini, con una lettera a Maroni, aveva sollevato dubbi di incostituzionalità. Sulla norma antiracket “abbiamo concordato di reintrodurre il testo del Senato – ha chiarito Maroni - con la precisazione che in ogni caso c’è la possibilità di escludere la punibilità per lo stato di necessità”. Quanto ai “presidi spia” “abbiamo ritenuto fondato – ha continuato il ministro dell’Interno – il rilievo di incostituzionalità sollevato da Fini sul fatto che un minore i cui genitori fossero clandestini non poteva essere iscritto a scuola, mentre l’ordinamento italiano prevede il diritto-dovere dei minori all’istruzione. Per questo abbiamo confermato il principio contenuto nell’articolo 45 del ddl che prevede l’obbligo di esibire il permesso di soggiorno per il rilascio di licenze, iscrizioni e autorizzazioni, salvaguardando però, come dice già la legge Bossi-Fini, l’iscrizione ai fini dell’obbligo scolastico”. I presidi quindi non dovranno più fare “la spia”: “L’emendamento che abbiamo concordato – ha specificato La Russa, titolare della Difesa - rende non più obbligatorio presentare al momento dell’iscrizione il permesso di soggiorno, quindi il preside, ai fini dell’iscrizione, non sa se si tratta di figlio di clandestino o di immigrato regolare e di conseguenza non può fare la spia”. Una “soluzione di compromesso che garantisce la possibilità ai minori di iscriversi alle scuole dell'obbligo, ma che mantiene il principio generale”, ha puntualizzato poi Maroni, definendo “esagerate” le dichiarazioni di quanti, dentro e fuori la maggioranza, hanno parlato di “vittoria della linea dettata da Fini”.

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