venerdì 8 maggio 2009

Dichiarazione di Filippo Miraglia, responsabile immigrazione Arci

COMUNICATO STAMPA

Il governo inasprisce la sua “guerra” ai migranti.
Il respingimento in Libia di 227 persone nel canale di Sicilia
segna l’ulteriore imbarbarimento delle politiche verso l’immigrazione

E’ una vera e propria guerra quella che il governo ha dichiarato ai migranti. E il respingimento in Libia dei 227 stranieri soccorsi in acque internazionali ne segna l’ulteriore inasprimento.
Si è trattato infatti di un rinvio collettivo, avvenuto senza consentire a chi ne aveva diritto (e le statistiche ci dicono che circa il 75% di chi arriva via mare in Italia fa richiesta di protezione internazionale)  di essere informato e di accedere alle procedure per richiesta di asilo, diritto sancito dalla Convenzione di Ginevra e recepito dalla nostra legislazione.
I migranti sono stati mandati in un paese, la Libia,  che non ha aderito alla Convenzione sui rifugiati, è stata più volte denunciata per il mancato rispetto dei diritti umani,  tratta gli irregolari in maniera disumana, detenendoli in veri e propri lager, oppure abbandonandoli  nel deserto o ancora  rispedendoli nei paesi d'origine, anche nel caso di aree in cui sono in corso guerre e persecuzioni (è il caso dell'Eritrea, verso la quale la Libia ha già fatto molti respingimenti).
Abbiamo più volte denunciato, raccogliendo testimonianze dirette, che la gran parte delle donne che transitano dalla Libia vengono violentate, anche da agenti di polizia. Rimandandole indietro (sono 40 le donne presenti nel gruppo) non si fa altro che riconsegnarle ai loro aguzzini.
Inoltre, il fatto che per la prima volta questo respingimento sia avvenuto direttamente in acque internazionali, senza alcun rispetto delle leggi sui salvataggi in mare, rappresenta un grave precedente che indigna e preoccupa non solo noi. L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha lanciato un accorato appello al governo italiano e a quello maltese perché venga garantito l’accesso al territorio e alle procedure d’asilo per chi ne fa richiesta e ha dichiarato che il principio internazionale di non respingimento deve essere assolutamente rispettato. Un monito duro e importante, che dovrebbe far riflettere il governo e l’opinione pubblica.
Questo nuovo episodio di razzismo di stato, che colloca l’Italia fuori del consesso degli stati civili che  si riconoscono nelle regole del diritto internazionale, va contrastato con tutti i mezzi. E’ necessaria la più ampia mobilitazione sociale, il ricorso agli strumenti del diritto europeo (la Corte di Strasburgo, che già nel 2005 ha condannato il nostro paese per procedure di rimpatrio forzato) e nazionale.
Stiamo lavorando per organizzare un’azione  straordinaria di disobbedienza civile collettiva, che blocchi la macchina del razzismo istituzionale.
Siamo ad un passaggio epocale. La gravità di quanto avviene va denunciata con forza, per determinare  consapevolezza tra i cittadini e rompere il velo dell’ipocrisia e della disinformazione. In gioco ci sono  la democrazia e la convivenza civile
Per difenderle, dobbiamo far ricorso a tutti gli strumenti che la Costituzione prevede.
L’opposizione chieda al ministro Maroni di chiarire in Parlamento le modalità del respingimento, sulla base di quali accordi, e se e come siano stati rispettati il diritto d’asilo e le Convenzioni internazionali. Se le nostre motovedette  sono state usate per rimandare in Libia persone già sottoposte a violenze e torture, senza nessuna garanzia sul trattamento che in quel paese gli verrà riservato,  il governo dovrà darne conto agli italiani, alla UE  e all’intera comunità internazionale.

Roma, 7 maggio 2009

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