mercoledì 28 ottobre 2009

Arci immigrazione: Rassegna stampa 27-28 ottobre 2009

Arci immigrazione: Rassegna stampa 27-28 ottobre 2009
CORRIERE DELLA SERA MILANO 26/10/09

L’ASSEDIO DEGLI IRREGOLARI SCATENA LA PROTESTA. MERCOLEDÌ IL CORTEO
Rivolta in Buenos Aires. «Via gli abusivi»

Commercianti e residenti: una strada fuori controllo.
«Bloccheremo il traffico». Il volantino: «Basta degrado»
MILANO - «Via gli abusivi, basta degrado, sì al rispetto delle regole». Il lato A dello striscione racconta
tutto. L’esasperazione, la rabbia, la delusione. Corso Buenos Aires è in rivolta. Per una volta tutti insie-
me, residenti e commercianti. Contro il degrado, appunto, e «quei clochard accampati sotto la galleria»,
i profughi un tempo appostati in piazza Oberdan che ora hanno cambiato dimora e riparo. Mercoledì
mattina la protesta scenderà in strada. Manifestazione, corteo, blocco del traffico, cori, e quello striscio-
ne. Dal lato B rimbalza un messaggio ancora più esplicito: «Pdl&Pd ci avete stufato. Basta gossip e
ciance, lavorate per il bene dell’Italia e della Dispiace per i disagi, ma non ci sono più alternative». «Alla
manifestazione — spiega Uguccioni — ha aderito, per dire, anche qualche ultraottantenne. E ci saranno
anche nostra Milano». Spiega Paolo Uguccioni, presidente del Comitato Baires-Venezia: «Non ne
possiamo davvero più. Le istituzioni devono darsi una mossa. Questa dovrebbe essere la vetrina di Mi-
lano e ci troviamo invece con 70 commercianti abusivi che vendono ogni genere di merce». E poi, «i
bivacchi», «il degrado».

Un buon numero di profughi africani si è trasferito qui dalla vicina piazza Oberdan. «Sono
rifugiati e hanno diritto di assistenza? Benissimo, e allora il Comune li ospiti in qualche dormitorio.
Sotto le nostre finestre non possono vivere». In strada, allora. «La occuperemo e bloccheremo il traffico.
i giovani, i ragazzini delle medie esasperati quanto noi per il degrado del loro quartiere». Di corso
Buenos Aires si parlerà anche in Consiglio comunale. Carlo Montalbetti della Lista Ferrante ha pronta
un’interrogazione a sindaco e giunta. La strada è un suk. «Li ho contati», dice Montalbetti: «Lungo
corso Buenos Aires ci sono 1200 ostacoli. Pali, vasi, bancarelle e tappetini. «Centomila persone che ogni
sabato si accalcano su marciapiedi larghi poco più di due metri». Il Comune ha già annunciato il
restyling della via. Strade più larghe e nuove luci. «È ora che il Comune dia un segnale. In zona tre,
quella di corso Buenos Aires e porta Venezia, i vigili sono da anni sotto organico. Abusivismo e degrado
non possono stupire, allora».

Per invitare alla manifestazione, è anche comparso un volantino, sulle vetrine dei negozi:
«Via gli abusivi, basta degrado, sì al rispetto delle regole», si legge nel foglio giallo che annuncia la
«rivolta» dei residenti di via Masera e dei commercianti di corso Buenos Aires. Con toni duri si chiede
l’intervento del sindaco e del prefetto prima che qualcuno «decida di risolvere il problema con quattro
bastoni», è scritto. Alla manifestazione hanno già annunciato la loro presenza numerosi esponenti locali
dei partiti di maggioranza e opposizione.



Corriere della Sera 27/10/09

Treviso Al raduno della Lega disse: pulizia etnica, no alle moschee
Divieto di comizi per tre anni L’accusa a Gentilini: razzismo
«Se mi scappa qualche parola di troppo, è colpa della mia vis oratoria. Sono un tribuno ». Giancarlo Gentilini dixit.
Ma la giustificazione dello sceriffo di Treviso, questa volta, non ha funzionato. E l’inchiesta sulle sue esternazioni
«sopra le righe» (non è la prima), dopo essere approdata in Tribunale, gli ha procurato una condanna: 4.000 euro
di multa e l’interdizione per tre anni dai comizi politici (il reato contestato è propaganda e istigazione alla
discriminazione razziale) a causa di alcune frasi pronunciate a Venezia, nel settembre 2008, durante il raduno
della Lega.

L’ottantenne Gentilini, prima del comizio conclusivo di Umberto Bossi, lanciò invettive contro gli immigrati che delinquono e le moschee che gli islamici vorrebbero costruire. Frasi (tonanti) del tipo: «Bisogna far pulizia da quelle
etnìe che distruggono il nostro Paese ». «Non voglio vedere neri, marroni o grigi che insegnano ai nostri bambini.

Che cosa insegnano? La civiltà del deserto? ». «No alle moschee e ai centri islamici». Passati 15 giorni dallo show
lagunare, il prosindaco del capoluogo della Marca risultò iscritto nel registro degli indagati. Così l’iter giudiziario si
è messo in moto arrivando ora a conclusione, con rito abbreviato.
L’accusa sostenuta da Vittorio Borraccetti, capo della Procura di Venezia, aveva chiesto 6.000 euro di multa, pari
a un anno e 5 mesi di reclusione. Il gip Luca Marini, accogliendo in parte le richieste, ha sentenziato 4.000 euro e
il divieto di partecipare ai comizi per 3 anni. Poiché lo sceriffo di Treviso è incensurato, ha ottenuto la sospensione
della pena. In concreto: ai comizi potrà andare se lo vorrà; con l’accortezza a non reiterare il reato. Altrimenti,
addio benefici.

La reazione di Gentilini al verdetto del giudice è in linea con il suo carattere. Sostiene, infatti, che lui «è abituato ad
andare all’assalto e ad esporsi porgendo il proprio petto». «Mentre qualcuno è pronto a spararmi alle spalle». Da
qui le accuse che gli vengono mosse. Il difensore, avvocato Luigi Ravagnan, annunciando il ricorso in Appello,
rilascia dichiarazioni decisamente più caute. «Nelle frasi del mio assistito — spiega — non c’era maliziosità alcuna
contro le razze, bensì il sostegno alle sue idee ben note, finalizzate all’integrazione tra etnìe diverse».

Coincidenza vuole che la condanna del prosindaco, collezionista di gaffe politicamente ultrascorrette (dalla
rimozione delle panchine usate dagli extracomunitari, agli immigrati- leprotti da impallinare, alla campagna anti-
gay), s’intrecci con una biografia (agiografica) di recente pubblicazione: «Gentilini, il sindaco sceriffo». La tesi: con
lui alla guida della città, Treviso ha conosciuto il suo «secondo Rinascimento ». Punti di vista.
Marisa Fumagalli


Il manifesto 27/10/09

GENTILINI NON POTRA’ FARE COMIZI PER TRE ANNI
Lo «sceriffo» condannato per razzismo

VENEZIA

Il prosindaco di Treviso Giancarlo Gentilini (foto a fianco) è un razzista e non potrà fare comizi
politici per i prossimi tre anni. Lo ha deciso, in primo grado con rito abbreviato, il tribunale di
Venezia condannandolo per propaganda ed istigazione al razzismo a 4mila euro di multa e alla
sospensione dai comizi. Il giudice ha sostanzialmente accolto tutte le richieste del procuratore
Vittorio Borraccetti, che aveva chiesto 17 mesi di carcere, pari a 6mila euro di multa. Le frasi
incriminate risalgono al 14 settembre dell’anno scorso, quando dal palco della «Festa dei popoli
padani» Gentilini inneggiò alla «tolleranza doppio zero» con frasi pesanti contro nomadi e
immigrati. Il video è tra i più gettonati di Youtube. Gentilini inneggiava, tra le altre cose, alla
«pulizia dalle strade di tutte le etnie che distruggono il nostro paese» e all’«eliminazione di
tutti i bambini dei zingari (sic) che rubano agli anziani». Il suo difensore, l’avvocato Luigi
Ravagnan ha già annunciato il ricorso in appello. Per Ravagnan nelle frasi citate «non c’è
nessuna maliziosità contro le razze, bensì il sostegno a idee note finalizzate all’integrazione tra
etnie diverse».

Il «sindaco sceriffo» della Lega, 80 anni, non è nuovo a sparate razziste e omofobe. Ha fatto
due mandati con la fascia tricolore, che poi ha ceduto al compagno di partito Giampaolo
Gobbo, rimanendo al suo fianco come vice. Nel 2007 inneggiò alla «pulizia etnica» contro i gay
e le associazioni omosessuali protestarono davanti al comune di Treviso con un bacio in piazza.
Famigerate anche le sue campagne contro le panchine nei parchi cittadini perché occupate
dagli extracomunitari e contro gli immigrati tout court, che secondo lui sono da vestire come
leprotti e da impallinare.


Il manifesto 27/10/09

FORTEZZA EUROPA Rimpallati tra Italia e Malta, sbarcano a Pozzallo. Il maltempo ha impedito
il respingimento in Libia
. In Italia i 200 migranti bloccati nel canale di Sicilia per 5
giorni

S. Li.

ROMA

Si è conclusa ieri dopo cinque giorni l’odissea di 207 immigrati, fra cui alcune donne e 30
minori, in preda al mare in burrasca nel canale di Sicilia. I cittadini stranieri – in maggioranza
somali ed eritrei – sono stati scortati nel pomeriggio al porto di Pozzallo, nel ragusano, da tre
unità navali della marina militare italiana. A bordo c’era anche un morto.
A bordo di un peschereccio partito dalle coste libiche, precisamente a largo di Bengasi, i
viaggiatori hanno lanciato un Sos già venerdì sera, quando ancora si trovavano in acque
libiche. In loro soccorso, è giunta una petroliera italiana, l’Antignano, che non potendo
avvicinarsi alla barca, la ha «protetta». Ha cioè navigato sopra vento per spezzare le onde e
rendere la traversata del barcone meno rischiosa. Nel frattempo, è iniziato l’ormai consueto
rimpallo di responsabilità tra Roma e La Valletta su chi dovesse farsi carico delle operazioni di
soccorso. Malta ha sostenuto – per bocca del suo portavoce militare Ivan Consiglio – che «gli
immigrati hanno rifiutato ogni soccorso da parte delle autorità maltesi». L’Italia si è attenuta
alle ultime disposizioni del Viminale, secondo le quali se un barcone è in acque di competenza
maltese i mezzi italiani non intervengono, a differenza di quanto avevniva fino all’anno scorso.
Così, la vicenda si è conclusa senza bilanci drammatici solo grazie all’intervento dell’Antigano,
che di fatto ha scortato il peschereccio fino alle acque di competenza italiane. Probabilmente e
paradossalmente, proprio il mare in burrasca ha evitato agli immigrati la sorte che dal maggio
scorso è riservata a coloro che tentano di attraversare il canale di Sicilia, ossia il respingimento
in acque libiche. Lo ha sostenuto peraltro esplicitamente Rodolfo Ronconi, responsabile della
Direzione centrale immigrazione e polizia della frontiera del Viminale, che ha dichiarato: «Il
barcone si trovava in acque libiche e se la petroliera italiana avesse preso a bordo i migranti, li
avrebbe poi condotti, in accordo con Tripoli, verso le coste libiche da cui erano partiti. La
Antignano non è però riuscita ad avvicinarsi al barcone. Le cattive condizioni del mare hanno
vanificato in seguito anche i tentativi (ben quattro) di una motovedetta libica di raggiungere
l’imbarcazione, che nel frattempo aveva raggiunto le acque maltesi».
Da quando sono cominciati i respingimenti, i viaggi si sono fatti più rari, ma avvengono anche
con condizioni di mare difficili e soprattutto da punti di partenza più lontani. La barca soccorsa
ieri era salpata dalle coste della Cirenaica, molto più distanti da quelle italiane rispetto a quelle
della Tripolitania, che però sono molto più controllate (anche dalle famose motovedette che
Roma ha donato a Tripoli).

Ieri intanto, a quanto riferisce il Viminale, la polizia libica avrebbe arrestato due dei presunti
organizzatori del viaggio verso l’Italia. Si tratterebbe di un cittadino libico a cui risulta intestata
la barca e di un «intermediario» eritreo trovato in possesso di un passaporto sudanese.


La Repubblica

MARTEDÌ, 27 OTTOBRE 2009

Immigrati, un morto sul barcone

Dopo tre giorni in balia delle onde soccorsi i quasi 300 extracomunitari
La marina maltese ha scortato l ́imbarcazione fino alle acque territoriali italiane
FRANCESCO VIVIANO

PALERMO – Dopo tre giorni di rimpalli, di accuse di mancato soccorso tra Italia e Malta, ieri finalmente i
297 extracomunitari sono stati salvati dalle motovedette italiane e da un rimorchiatore e portati a
Pozzallo. Tutti, tranne uno, un uomo di colore, che è stato trovato cadavere quando sono arrivati i
soccorsi. Com ́è è morto? Poteva essere salvato se Italia e Malta avessero deciso cosa fare già tre
giorni fa? Sono domande alle quali dovrà trovare una risposta l ́inchiesta della procura di Siracusa o di
Ragusa.

Per tre giorni e tre notti i migranti, partiti dalle coste libiche, sono stati in balia delle onde con il rischio di
affondare con un mare che ha anche raggiunto forza sette. E, come è già accaduto altre volte, Malta ed
Italia hanno a lungo discusso su chi dovesse intervenire. Fino a quando l ́Italia non ha dirottato sul
posto una petroliera, l ́”Antignano”, che ha raggiunto il barcone senza però poter eseguire il trasbordo
degli immigrati. «Non potevamo fare granché, è stato uno strazio vedere tutta quella gente ammassata
su quel barcone che rischiava di affondare», racconta al telefono Agata Torrisi, allieva di coperta che
con il comandante Mariano Ad ragna e gli altri componenti dell ́equipaggio ha seguito e scortato il
barcone. Soltanto ieri sera, dopo che il comandante della petroliera aveva segnalato più volte alle
autorità maltesi ed italiane che spesso perdeva di vista quel barcone che si confondeva tra le onde del
mare in tempesta, Malta ha inviato una motovedetta ed un elicottero. E, come è già accaduto più volte,
la motovedetta maltese si è limitata ad osservare: «Fino a quando li barcone non è in pericolo noi non
possiamo intervenire», afferma il portavoce della marina maltese. Alla fine Malta ha raggiunto il suo
obiettivo guidando di fatto il barcone con gli extracomunitari a bordo verso le acque territoriali italiane.
A quel punto la nostra Marina è dovuta intervenire e, per fortuna, non è accaduto quel che molti
temevano, cioè il respingimento. Peraltro i migranti minacciavano di buttarsi in mare se li avessero
rispediti nell ́inferno libico da dove erano fuggiti dopo mesi di sfruttamento e di violenze. E quando le
unità della marina militare e della Guardia di Finanza italiana hanno raggiunto il barcone a bordo ci
sono state scene di gioia ma anche lacrime. Con difficoltà il trasbordo alla fine è riuscito e gli
extracomunitari sono stati suddivisi tra le unità della marina e della finanza ed il rimorchiatore Kerop
che ieri sera hanno raggiunto il porto di Pozzallo dove quei disperati hanno avuto finalmente i primi
soccorsi. «Sono stati tre giorni abbastanza complicati – dice il comandante Mariano Adragna – per tre
giorni siano stati ad osservare, impotenti, perché qualunque tipo di intervento avrebbe potuto
pregiudicare la vita di quelle persone. Le condizioni del mare erano pessime, l ́altro ieri erano un po ́
migliorate ma oggi sono nuovamente peggiorate e temevamo che il barcone affondasse. Per fortuna
poi sono arrivate le motovedette italiane ed abbiamo tirato un sospiro di sollievo». Un altro componente
dell ́equipaggio che ha risposto al satellitare di bordo mentre il comandante era impegnato nelle
operazioni di soccorso e, soprattutto, nei contatti radio con Italia e Malta che non volevano saperne di
intervenire accusandosi l ́un l ́altro di non soccorrere quel barcone, dice che quel che è accaduto «è
ignobile: perché scaricano su di noi responsabilità che non possiamo assumerci? Noi siamo marinai e
non rifiutiamo soccorso a nessuno ma in questo caso potevamo fare ben poco. I maltesi quando ieri
sera ci hanno raggiunto, non hanno fatto altro che “scortarci” verso le acque territoriali italiane ed una
volta che hanno raggiunto il loro obiettivo, sono andati via».


La Repubblica Milano 27/10/09

Buenos Aires, il questore vieta il corteo

Gli abitanti: “Fermate il degrado prima che qualcuno impugni i bastoni”
FRANCO VANNI

Il questore non ha autorizzato il “presidio per la sicurezza” di domani mattina in corso Buenos Aires,
ma residenti e commercianti scenderanno in piazza comunque. «Siamo ostaggi del degrado, se non
saranno allontanati venditori abusivi e senza tetto molesti faremo barricate in strada», minaccia Paolo
Uguccioni, uno dei negozianti della zona. Il nulla osta per il corteo non può essere concesso dalla
questura per una disposizione che vieta ogni manifestazione sul corso.
La protesta nasce dal disagio di chi abita in via Masera, all ́imboccatura della galleria Buenos Aires,
dove ogni notte dormono quindici africani senza casa, cacciati dai vigili da via Vittorio Veneto. «Si
ubriacano, urinano e fanno sesso in strada, si trovi loro una sistemazione dignitosa», dice la portavoce
dei residenti, che il mese scorso ha inviato una lettera con 180 firme al Comune per segnalare il
problema. Con il passare delle settimane, gli animi si sono esasperati. Mercoledì i residenti hanno fatto
una “veglia notturna” per impedire agli africani di mettere in terra i cartoni e dormire. E nella locandina
shock che annuncia il presidio di domani si chiede l ́intervento del sindaco, prima che qualcuno
«decida di risolvere il problema con quattro bastoni».
Il prefetto Gian Valerio Lombardi annuncia «l ́invio di pattuglie miste di militari, polizia e vigili in via
Masera», forse già questa notte. Intanto il Comune, assieme al consiglio di Zona 3, ragiona sulla
possibilità di chiudere la galleria con cancellate e cerca una collocazione per gli accampati. Il prefetto
ha anche rafforzato controlli contro i venditori abusivi, «che sul corso sono cento», sostiene Luigi
Ferrario, di Buenos Aires Futura. Nonostante il carattere “apolitico” della protesta e la volontà da parte
degli organizzatori di esporre uno striscione “contro Pdl e Pd”, al presidio è annunciata la presenza di
consiglieri comunali dei partiti di maggioranza e opposizione, Pd e Pdl compresi.


LA Repubblica MARTEDÌ, 27 OTTOBRE 2009

Milano

Moschea, il Comune fissa le regole

Sì al diritto degli islamici ad avere luoghi di culto decorosi ma nel rispetto della legalità. È il consiglio

comunale ad approvare per la prima volta delle linee guida sul tema moschee che serviranno al
ministro dell ́Interno Maroni come “traccia” per un futuro disegno di legge. L ́ordine del giorno,
presentato dal Pdl, è passato con 37 voti a favore e sei astenuti (i consiglieri della sinistra radicale). In
missione in Cina l ́unico consigliere leghista, Matteo Salvini.
La proposta del consiglio parte dall ́idea di istituire in prefettura una Consulta delle comunità islamiche
e di approvare una legge che disciplini la nascita di nuove moschee e il riconoscimento di quelle
esistenti. Tra i doveri: leader della comunità incensurati, bilanci trasparenti, rifiuto del terrorismo e
spinta all ́integrazione anche con i corsi di italiano. Il Comune, invece, dovrà adottare strumenti
urbanistici generali per la realizzazione di eventuali nuove moschee: distanza di almeno 300 metri da
altri luoghi di culto, capienza massima 500 persone, sì ai progetti solo se autofinanziati. Dalla Cina non
fa mancare il suo pensiero Salvini: «La convinzione di tutta la Lega, da Bossi in giù, è che a Milano non
ci sia spazio né bisogno di una moschea». Una posizione che resta eccentrica rispetto alla sua
maggioranza, nonostante il ministro Ignazio La Russa ricordi: «L ́ordine di scuderia è chiaro: sui grandi
temi si va insieme».

(or. li.)


Il Messaggero Veneto (Udine) 28/10/09

Arci, 200 manifesti anti-razzismo C’è anche il patrocinio del Comune
«Il razzismo e le tante modalità in cui si manifesta, rappresentano un pericolo non solo per chi
direttamente ne subisce le conseguenze, ma per la democrazia di un paese, perché solo difendendo i
diritti di tutti è possibile garantire i diritti di ognuno». È per questo che il Comitato territoriale Arci
di Udine, insieme con il Comitato provinciale Arcigay Nuovi Passi e Arcilesbica Udine ha
organizzato, con il patrocinio del Comune di Udine, una campagna di affissioni nel capoluogo
friulano. Già da ieri è quindi possibile osservare per le strade il manifesto “Il razzismo è un
boomerang, prima o poi ti ritorna”. In tutta la città ne verranno affissi 200 con la foto degli
onorevoli Anna Paola Concia e Jean Leonard Touadì, parlamentari italiani fotografati da Marco
Delogu, che hanno prestato la loro immagine per la campagna ideata dall’Arci nazionale con un
pool di associazioni che si battono per il superamento di tutte le forme di razzismo e
discriminazione.

«Si tratta di un’ulteriore tappa dell’impegno dell’associazione contro ogni forma di discriminazione

• spiegano le associazioni udinesi promotrici dell’iniziativa – per cercare di contrastare una deriva
culturale preoccupante, un imbarbarimento delle relazioni sociali, che porta sempre più a chiudersi
nel proprio microcosmo e a vedere nell’altro, nel diverso, il nemico da cui difendersi».
Scopo della campagna è ribadire il principio dell’universalità dei diritti, a fronte di provvedimenti
legislativi che, a livello nazionale e regionale, secondo l’associazione «riconoscono diritti solo ad
alcune “categorie” che rispondono a determinati requisiti, escludendo dalle garanzie dello stato di
diritto e dai benefici di quel che resta del welfare un pezzo di umanità, rendendola “meno uguale”».


la repubblica (bari) 28/10/09

Sono 192, quasi tutti di origine africana, i reclusi nella struttura blindata “fiore all ́occhiello”
del Viminale

“Pronti a morire per la libertà”

Viaggio nell ́inferno del Cie al San Paolo: raffica di tentati suicidi
Radersi la barba ogni giorno non è possibile. Lame e coltelli non possono entrare nel Cie, il centro
di identificazione ed espulsione di Bari. Bisogna aspettare il barbiere, una volta a settimana.
Neanche tentare il suicidio sarebbe possibile. Eppure succede, una volta a settimana. Ognuno dei
192 reclusi, quasi tutti di origine africana, ha un compagno di modulo, un conoscente, un amico che
ci ha provato con qualunque mezzo a disposizione. Sedie, armadi, tavoli non si possono usare: sono
inchiodati al pavimento, come nei manicomi. Le coperte non bastano, né per dormire, né per
pregare, figurarsi per uccidersi. Allora si ricorre a pezzi di plastica, posate, flaconi ingoiati: tutto
vale, perché qui un tentato suicidio può significare la libertà. Niente è come sembra nel casermone
blindato alle porte del quartiere San Paolo, fiore all ́occhiello del ministero dell ́Interno e pietra
dello scandalo per le associazioni che si scagliano da anni contro “il carcere degli innocenti”.
“Disumano” lo definisce don Angelo Cassano.

«Ci sono gli uni accanto agli altri, stranieri ai quali è scaduto il contratto di lavoro, persone in fuga
da conflitti e gente appena uscita di galera» denunciava lo scorso inverno Livia Cantore,
responsabile immigrazione Arci Puglia. La loro strada è senza ritorno: dal Cie si esce, dopo
un ́attesa che può durare fino a 180 giorni, solo per tornare nel Paese da cui si è scappati. Prima la
via di fuga passava dalle rivolte. Oggi ci sono gli atti di autolesionismo: i reclusi sperano di andare
in ospedale per poi fuggire da lì. Ci hanno provato in tanti. Ci ha provato anche Billel, 25 anni, data
di rimpatrio in Algeria già fissata. Una scadenza che per lui equivaleva a una condanna a morte:
così il ragazzo ha ingoiato un tubetto. Tentato suicidio, per i soccorritori che hanno richiesto il
ricovero al Policlinico. Ma subito dopo la radiografia, l ́algerino è scappato senza lasciare traccia.
Molti falliscono, ma per quasi tutti vale la pena tentare.
Abdul, invece, non riusciva a dormire. Un suo compagno urlava da ore per il mal di testa, e a lui
non è rimasto altro che ferirsi: meglio un letto di ospedale che quella stanza, ha pensato. Qualcuno
ha chiamato le guardie battendo la testa e le mani sulle porte in ferro e cemento armato dei moduli.
Abdul e il suo compagno sono stati portati nell ́infermeria interna. Quello che è successo dopo è un
mistero, chiuso in un filmato sul web e in un ́interrogazione parlamentare del deputato Pd Dario
Ginefra che parla di “pestaggio”. Secondo la denuncia, il personale di servizio, quella notte di fine
settembre, ha “dato loro una lezione”. Abdul e l ́altro ne hanno parlato al loro avvocato. Sono stati
fortunati: quasi tutti gli ospiti del centro hanno un legale d ́ufficio, quasi nessuno riesce a parlarci.


La repubblica (Milano) 28/10/09

Il boom dell ́italiano per immigrati

Per imparare il primo strumento d ́integrazione 12mila a scuola
L ́importanza della lingua è tale che perfino le agenzie interinali organizzano corsi
È il boom dell ́italiano. Tutti vogliono imparare, fare il corso, meglio se di livello avanzato, come se
il sapere la lingua fosse una chiave per entrare in questo sempre più complicato mondo del lavoro
milanese. In città fino sono disponibili fra i 12 e i 15mila posti nelle scuole pubbliche e private che
insegnano l ́abc agli immigrati. C ́è chi li organizza gratuitamente nelle sacrestie delle parrocchie,
chi a pagamento negli istituti di formazione professionale, chi in modo artigianale per puro spirito
di solidarietà, chi in modo scientifico, con anni di esperienza alle spalle, come nei centri territoriali
permanenti dello Stato. Ma su una cosa gli operatori sono tutti d ́accordo: le richieste quest ́anno
sono così aumentate che in qualche caso non c ́è posto per tutti e gli aspiranti alunni devono vagare
da una sede all ́altra per trovare un banco libero. Certo si tratta di scolari particolari: uomini e
donne, spesso con titolo di studio estero, arrivati magari da molti mesi in Italia, ciascuno con il suo
doloroso desiderio di una migliore integrazione nella società, con la sua affannosa ricerca di un
lavoro stabile.

Lo dice anche Giancarla Boreatti, storica e meticolosa dirigente del settore Stranieri del Comune,
che ha fatto realizzare persino un censimento delle centinaia di corsi di italiano pubblici e privati in
città. «Il campionario dell ́offerta formativa è molto vasto. A chi può permettersi di dedicare
maggiore tempo io consiglio i corsi civici o quelli statali, che hanno almeno 7mila posti e rilasciano
alla fine un titolo di studio valido. Equiparato alla scuola dell ́obbligo italiana, quindi non solo la
lingua. Un ottimo modo per presentarsi sul lavoro. I costi variano, ma in genere con meno di 100
euro di tassa di iscrizione ce la si cava».

Ci sono poi corsi comunali (in via Fleming e via Pepe), che uniscono l ́italiano alla formazione
professionale, corsi regionali che rilasciano un titolo riconosciuto a livello europeo, ma anche
piccole scuole d ́italiano che funzionano a livello di quartiere e che aiutano a conquistare i primi
rudimenti per comunicare a un livello base. Solo le parrocchie fanno lezione a 4.300 immigrati e ce
ne sono alcune – come quella di Santa Francesca Romana – che festeggiano i 20 anni di attività.
Celebri sono anche i corsi della Fondazione Verga, della Comunità di Sant ́Egidio, dell ́Arci, del
Cidi di via San Dionigi, ma gli indirizzi sono troppi per citarli tutti.
Inoltre, l ́importanza della conoscenza della lingua è tale che oggi persino le agenzie interinali
reclutano personale e offrono corsi di italiano gratuiti. Lo spiega Maurizio Crippa, responsabile
dello Sportello orientamento lavoro della Cgil (in corso di Porta Vittoria), che in un anno ha
incontrato oltre 1550 persone in cerca di lavoro: «Ci sono programmi di breve durata, che
forniscono competenze trasversali valide in ogni contesto lavorativo, e contenuti didattici più
specifici ed adeguati al contesto lavorativo dei partecipanti. Le aziende, quando si rivolgono alle
agenzie, chiedono personale che abbia una formazione e che sappia parlare bene la lingua».
L ́unico l ́ostacolo è il tempo, perché spesso gli immigrati lavorano tutto il giorno e di ore da
dedicare allo studio ne rimangono poche. «Ma almeno l ́italiano, tutti hanno capito che devono
impararlo», conclude la Boreatti. Per questo sono in aumento i corsi serali.


La Nazione (Livorno) 28/10/09

Simoncini solidale con i dirigenti dell’Arci querelati da Maroni
CECINA L’ASSESSORE regionale Gianfranco Simoncini esprime solidarietà all’Arci per l’azione
legale del ministro degli Interni Maroni nei confronti del presidente toscano dell’associazione
Vincenzo Striano e del responsabile immigrazione Filippo Miraglia. Entrambi sono stati querelati,
con richiesta di danni economici, per un comunicato nell’ambito del meeting antirazzista di Cecina
del 2008 in cui i due dirigenti Arci prendevano posizione contro gli annunciati provvedimenti
sull’immigrazione. Per Simoncini quel comunicato rientrava nell’ambito di una polemica politica
aperta in quel periodo.

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