sabato 9 aprile 2011

Mineo, profughi Spa


Per l’accoglienza, la Croce Rossa incasserà tre milioni di euro al mese. La proprietaria dell’area 360mila. Più di 20 milioni solo per il 2011. Senza contare gli stipendi. Tutto a carico del contribuente. Per Berlusconi e Maroni sarà il simbolo in Europa dell’accoglienza rifugiati made in Italy, ma è solo che la riproposizione sul fronte migrazione del modello Emergenza S.p.a., con ingenti flussi di denaro pubblico a favore dei soliti noti. Si tratta del residence di Mineo (Catania), piccolo centro agricolo nel cuore della Sicilia, che prima ospitava i militari USA della base aeronavale di Sigonella e dove adesso sono deportati i richiedenti asilo di tutta Italia e i giovani tunisini scampati all’inferno di Lampedusa. Ibrido giuridico, a metà strada tra un CARA (centro accoglienza per richiedenti) e un CIE (struttura di detenzione per l’identificazione e l’espulsione degli “irregolari”), il residence della solidarietà di Mineo sarà l’inesauribile pozzo di san Patrizio per holding paramilitari, cooperative clientelar-sociali e prestigiosi signori del cemento.

Le organizzazioni siciliane antirazziste hanno già fatto le prime stime dell’affaire. Agli enti che gestiscono i CARA sparsi sul territorio nazionale, il governo versa un contributo che fluttua dai 40 ai 52 euro al giorno per ogni richiedente asilo. Considerato il numero degli “ospiti” di Mineo (già sono 2.000), gli incassi per la mera gestione accoglienza oscilleranno mensilmente dai 2 milioni e 400 mila ai 3 milioni di euro. A beneficiarne sarà la Croce Rossa Italiana, individuata dal Commissario straordinario per l’emergenza immigrati, il prefetto di Palermo Giuseppe Caruso, senza l’indizione di un bando ad evidenza pubblica e la presentazione di un piano dei servizi da gestire. “Sino al 30 giugno 2011, la CRI impiegherà fondi propri destinati alla gestione delle situazioni di emergenza”, precisa il dott. Caruso. Per i restanti sei mesi coperti dal decreto anti-sbarchi ci penserà però il contribuente. Conti alla mano un gruzzolo che a fine anno potrebbe oscillare tra i 14 e i 18 milioni di euro. Pensare che l’accoglienza diluita nei Comuni di mezza Italia, grazie alle reti solidali di enti e associazioni (il cosiddetto sistema Sprar), pesa per non più di 20-22 euro al giorno per rifugiato. Con il vantaggio che si tratta in buona parte di esperienze con forti ricadute sull’economia e l’occupazione locale, come ad esempio accade a Riace, paesino della provincia di Reggio Calabria, riconosciuto internazionalmente come modello d’integrazione cittadini-migranti. A Mineo, invece, si dovrà sperare sulle “pressioni” del presidente della Provincia di Catania e coordinatore regionale del Pdl, Giuseppe Castiglione, perché la Croce Rossa affidi la gestione di alcuni servizi del villaggio alla miriade di cooperative locali, tutte riconducibili al potente consorzio Sol.Co. di Catania interessato da tempo a mettere radici nell’ex residence USA. In fondo si tratterebbe di versare una piccola tassa, ottenendo in cambio il consenso all’operazione dei politici e degli amministratori del luogo. Una fabbrica di soldi e di voti, dunque, il moderno ghetto per rifugiati e deportati.


Il vero affare, quello meno trasparente, è tuttavia quello relativo ai canoni che saranno pagati dal governo per l’utilizzo delle 404 villette presenti nell’infrastruttura. Invece di dirottare i migranti verso le numerose strutture pubbliche dismesse (come ad esempio la ex base missilistica di Comiso, già utilizzata per l’emergenza Kosovo nel 1999), il duo Berlusconi-Maroni ha imposto che il mega-CARA “d’eccellenza” trovasse posto in quello che strumentalmente è stato definito “ex villaggio NATO” ma che in verità è di proprietà della Pizzarotti S.p.A. di Parma, una delle principali società di costruzioni italiane, contractor di fiducia delle forze armate USA (lavori nelle basi di Aviano, Camp Darby, Vicenza e Sigonella). I manager dell’azienda chiedevano allo Stato un contratto di locazione per una durata non inferiore ai 5 anni, ma il Prefetto-Commissario Giuseppe Caruso ha preferito emettere un’ordinanza di requisizione della struttura sino al 31 dicembre. Contestualmente è stata affidata all’Agenzia Territoriale del demanio di Catania la valutazione dell’indennizzo per la Pizzarotti , che per legge non potrà essere inferiore ai valori di mercato. Quanto? È presto fatto. La Marina USA pagava alla società un canone annuo di 8 milioni e mezzo di dollari, più le spese per la gestione dei servizi all’interno del villaggio. Anche a limitarsi all’accattivante offerta fatta direttamente alle famiglie dei militari dopo la rescissione del contratto con il Dipartimento della difesa (900 euro al mese a villetta), alla Pizzarotti non andrebbero meno di 363.000 euro al mese, moltiplicato per i 10 mesi coperti dal decreto di emergenza. Più il canone per l’utilizzo degli altri immobili (uffici, mense, strutture commerciali, palestre, campi da tennis e football, asilo nido, sala per le funzioni religiose e 12 ettari di spazi verdi). Solo per il 2011 il Grand Hotel di Mineo “Deportati & C.” costerà così non meno di una ventina di milioni di euro, senza includere gli stipendi e le indennità missione di oltre un centinaio tra poliziotti, carabinieri e militari dell’Esercito. Un colossale sperpero di risorse in nome della guerra santa alle migrazioni.

diffusione a cura della Campagna per la smilitarizzazione di Sigonella

Voglia di sciopero precario


Se siamo precari e precarie o migranti non è per colpa di un tragico destino, ma perché qualcuno in questi ultimi quindici anni ha fatto profitti immensi sulla nostra pelle. Si chiamano Ministero della pubblica istruzione, casa editrice X, cooperativa Y, fabbrica Z, chiunque ti costringa ad aprire una partita IVA per fare la segretaria, chi ti chiede sei mesi di stage gratuito. Se siamo precari e precarie o migranti non è per fatalità, ma perché chi avrebbe dovuto tutelarci, come i sindacati (tutti i sindacati), non si è accorto della nostra presenza, se non quando era troppo tardi o troppo comodo.
Si può fare qualcosa? Di certo non è il momento di raccontare quanto siamo sfigati, anzi è ora di dimostrare che siamo forti. Le manifestazioni simboliche non bastano più! Siamo arrivati alla prova del nove.
Se da domani il percorso di Il nostro tempo è adesso continuerà usando noi precari e migranti come testimonial potremo dire che è stata la solita messa in scena mediatica per nascondere ciò che non è stato fatto fino a oggi. Se da domani invece si comincerà a costruire uno sciopero generale contro la precarietà e contro lo sfruttamento del lavoro migrante, uno sciopero vero, non di quattro orette, non che parla d’altro, allora siamo finalmente di fronte a un cambiamento significativo.
E gli obiettivi devono essere chiari. Parlare genericamente di stabilizzazione è ridicolo, dato che i sindacati non riescono a tutelare nemmeno i propri lavoratori garantiti (vedi Mirafiori e Pomigliano).Tanto per iniziare: introduzione di un reddito non legato né alla cittadinanza né al lavoro, semplificazione delle tipologie contrattuali, rottura del legame tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro, ripristino dei diritti fondamentali per tutti (maternità, cittadinanza, pensione, formazione). E sui luoghi di lavoro bisogna decidere da che parte stare. Per trattare con un’azienda, spesso bisogna trattarla male. Dopo un ritardo di 15anni, e dopo le responsabilità dirette e indirette che hanno, i sindacati non possono più far finta che non sia così.
Noi non portiamo rancore, ma non siamo neanche fessi. Da sette anni la rete di San Precario e il movimento dei migranti cavalcano contro il tempo, difendendo tutti coloro che sono precari, operai e migranti come noi.
Puoi fidarti: non ci facciamo turlupinare facilmente. I diritti che ci servono dobbiamo conquistarli da noi.
Vieni a Roma agli Stati generali della precarietà, dove discuteremo di “sciopero precario”.
Vieni alla Mayday, il primo maggio atipico di Milano.
Oppure contattaci su www.coordinamentomigranti.splinder.com
E ricordati, se incrociassimo le braccia l’Italia si fermerebbe. Questa è la nostra arma e questo dobbiamo fare.

ROMA, 15-17 Aprile, Stati Generali della Precarietà 3.0: l’incontro aperto a tutti i lavoratori, precarie, sindacalisti, reti che vogliono contribuire a inventare lo sciopero precario.

MILANO, MayDay: da dieci anni il primo maggio dove la creatività e la rabbia dei precari e delle precarie sono protagoniste.

venerdì 8 aprile 2011

ACCOGLIENZA E DIRITTI AI PROFUGHI E IMMIGRATI I FUGA DA GUERRA E FAME

La recente strage di oltre 300 migranti, tra cui moltissimi bambini, in fuga dalla guerra e dalla fame – in un Mediterraneo divenuto da tempo la tomba, invece che la “ culla”, della civiltà – denuncia e smaschera la criminale ferocia dei governi europei, sempre disponibili a “ guerre umanitarie” e totalmente insensibili e xenofobi nei confronti di quanti vanno a “ liberare”.
L’ignobile scaricabarile tra Italia e Francia – cobelligeranti in Libia e cugini affaristi di TAV, nucleare - acqua, aziende floride – testimonia il disprezzo della vita umana e dell’accoglienza, oltre l’ipocrisia della firma di Trattati Umanitari e Dichiarazioni dei Diritti dell’Uomo!
La decisione del governo Berlusconi di concedere i “ permessi per motivi umanitari” – che in teoria permettono la libera circolazione nell’Europa del Trattato di Schengen e che permette la ricongiunzione con i parenti, soprattutto in Francia – risponde solo allo sporco e meschino interesse di liberarsi dalla massa di migranti in Italia!
Viceversa, se prevalesse lo spirito umanitario, il ministro Maroni dovrebbe cessare di attivare gli incostituzionali rimpatri e arresti per emigrazione clandestina, non dovrebbe applicare la Bossi-Fini per l’insieme dei migranti!
Invece siamo alle solite. Si concede la carota del “ permesso umanitario”, per brandire il bastone del famigerato “ pacchetto sicurezza “, con tutte le spietatezze che comporta riguardo agli immigrati, visti e trattati come nemici a prescindere.
La Confederazione Cobas, nel mentre contribuisce ad alleviare le ferite di questi/e sfortunati/e fratelli e sorelle – a sostenere l’accoglienza e il diritto di fuga dai CIE, CARA e bestiali campi lager, in Sicilia, Calabria, Puglia, Basilicata, Campania, Lazio, Toscana, Piemonte e ovunque – al contempo rivendica il permesso di soggiorno e di asilo, il diritto di ricongiungimento e di cittadinanza per tutti/e i richiedenti.
La Confederazione Cobas si fa promotrice e partecipe delle iniziative a sostegno dei diritti dei profughi e dei migranti su tutto il territorio italiano.
Allo stesso tempo è parte del movimento che sollecita il cessate il fuoco in Libia, la fine dell’intervento Nato, l’uscita dalla guerra dell’Italia; che sostiene i movimenti di liberazione nel Magreb, Mashrek e in tutto il mondo arabo soggiogato da regimi dispotici, corrotti, antipopolari.

Roma 8.4.2011 CONFEDERAZIONE COBAS

LA TRAGEDIA DEL CANALE DI SICILIA IL NOSTRO LUTTO, IL NOSTRO IMPEGNO

La tragedia avvenuta ieri nel canale di Sicilia ci interroga su quanto il nostro paese e l’Europa tutta stiano smarrendo il senso di umanità che è presupposto di ogni democrazia. Quelle morti non sono frutto del caso. C’è una responsabilità collettiva delle nostre società ed una, più pesante, di chi ricopre ruoli istituzionali e ha il potere di produrre, con le proprie scelte, conseguenze concrete sulla vita delle persone.

Oggi la Camera dei Deputati ha giustamente osservato un minuto di silenzio per quelle vittime innocenti. Ma non possiamo dimenticare che il 6 febbraio del 2009 lo stesso Parlamento ratificava il trattato di amicizia italo libico prevedendo l’impiego di mezzi e risorse per controllare le frontiere e impedire le partenze verso l’Italia.

Il 6 maggio 2009, dopo che per anni le navi italiane avevano soccorso i migranti anche fuori dalle acque territoriali, per la prima volta il nostro Paese respinse 3 barche con 227 persone a bordo, cancellando d’un colpo il principio di non respingimento previsto dell’art.33 della Convenzione di Ginevra sul diritto d’asilo. Quei 227 provenivano dal corno d’africa, la stessa regione da cui provengono i morti di oggi. Profughi secondo la rappresentazione di oggi, ma clandestini da rimandare nelle mani dei loro aguzzini secondo quanto affermato dal nostro Governo. Nulla succede per caso. In realtà queste vite umane sono sacrificate sull’altare della ragion di stato e della propaganda elettorale permanente a cui siamo sottoposti.

Noi pensiamo che si possa e si debba reagire. Sarebbe stato giusto proclamare domani una giornata di lutto nazionale, perché anche quei bambini, quelle donne e quegli uomini fanno parte della nostra comunità umana. Noi dell’ARCI lo faremo. Chiederemo alle nostre strutture di esporre un segno di lutto nelle sedi, di listare a lutto giornali e siti web, di osservare un minuto di silenzio nelle iniziative in programma nei circoli Arci, di fare ogni altro gesto che possa servire a ricordare il sacrificio di quegli esseri umani e le nostre responsabilità.

E faremo anche un piccolo gesto individuale. Porteremo un fiore, una rosa rossa, davanti ai nostri municipi. Perché quelle sedi rappresentano la comunità locale. La comunità che mancava a quelle vittime della frontiera fuggite dalle guerre in cerca di sicurezza e protezione per se e per i loro figli. A Roma davanti al Campidoglio deporremo 250 rose, una per ciascuna di quelle persone che non incontreremo mai e che sarebbero potuti diventare romani, bolognesi o milanesi come noi. A loro vogliamo dare simbolicamente, almeno per un giorno, cittadinanza in questo Paese che li ha respinti e li ha costretti ad un viaggio mortale.

E al tempo stesso continueremo ad impegnarci concretamente, coi nostri circoli nei territori, per garantire accoglienza e protezione a chi sta arrivando. Continueremo a chiedere che siano aperti adesso canali umanitari per gli altri profughi che sono ancora in Libia e Tunisia, che venga fermata la macchina dei respingimenti, che il nostro paese faccia il suo dovere per sostenere concretamente i diritti umani e i processi di democratizzazione nel nord Africa.


UFFICIO STAMPA
Via dei Monti di Pietralata, 16
Andreina Albano
Tel. 06 41609267 – 348 3419402 albano@arci.it
www.arci.it

Libertà di circolazione per i migranti. Unica scelta possibile per governare l’esodo dal Maghreb

Nazionale – venerdì, 01 aprile 2011

Gli arrivi, prevedibili, degli immigrati dall’altra sponda del Mediterraneo sono stati utilizzati dal nostro Ministro dell’interno non solo per agitare lo spauracchio dell’esodo biblico ma anche per fomentare la psicosi e accrescere la paura dell’arrivo dei clandestini, pericolo incombente per la sicurezza dei cittadini.

Lasciare per settimane e settimane migliaia e migliaia di migranti a Lampedusa, spostarne altre migliaia a Mineo e a Manduria non è stata una scelta dettata dall’incapacità ma da una strategia precisa, decisa al fine di provocare opposizioni e rivolte da parte delle popolazioni locali contro le invasioni barbariche.

Quanto succede nel Maghreb sta scardinando tutti gli equilibri costruiti in questi anni dai governi europei per contenere gli esodi attraverso accordi beceri con i corrotti regimi di quei paesi.

Si finge di sostenere quelle rivolte , di inneggiare alle rivoluzioni arabe per poi portare la guerra umanitaria in Libia al solo scopo di appropriarsi del suo petrolio e scatenarne un’altra assai poco umanitaria nei nostri paesi contro i migranti.

L’Unione Europea preferisce elargire soldi ai paesi interessati da flussi migratori imprevisti e consistenti piuttosto che aprire le frontiere ed accoglierli eppure esistono direttive che prevedono la possibilità per i paesi dell’Unione di concedere lo status di rifugiato almeno per un anno, come forma di protezione temporanea alle persone in fuga da paesi e regioni interessati da gravi crisi che provocano esodi massicci.

Ma nessuno dei 27 paesi dell’Unione vuole adottare una misura di tal genere perché temono che, una volta attivato il meccanismo, sarebbero obbligati a concedere automaticamente tale status a tutti i migranti provenienti dal Maghreb; si rifugiano nell’odiosa e demagogica distinzione tra profughi e clandestini, tra richiedenti asilo e migranti economici, per i quali ultimi non sono previste forme di accoglienza e redistribuzione nei vari paesi europei; distinzione che prelude da una parte a rimpatri collettivi forzati illegittimi e dall’altra ad internamenti in tendopoli posti in luoghi isolati e spersi nelle campagne rispetto ai quali l’unico obiettivo per i migranti è la fuga, con il rischio di suscitare forti tensioni con le comunità locali.

L’Europa dei 27, che con i suoi oltre 500 milioni di abitanti costituisce ancora una delle aree più ricche del mondo, che ha completamente liberalizzato la circolazione delle merci e dei capitali, che ha abbattuto le barriere finanziarie, oggi innalza muri invalicabili contro poche migliaia di migranti!

Anche il governo italiano, se volesse, potrebbe attivare quelle misure di carattere eccezionale di protezione temporanea consentite dall’art.20 del Testo unico sull’immigrazione allo scopo di gestire situazioni di afflusso massiccio di persone che fuggono da paesi in condizioni di grave instabilità: Maroni preferisce evidentemente, per ragioni di pura opportunità politica, portare all’esasperazione sia i migranti che i territori destinatari di tendopoli.

Crediamo che non basti più dire: organizziamo l’accoglienza, che in questi anni nel nostro paese ha significato disumani luoghi di reclusione per gli immigrati e vantaggi economici per il business assistenziale.

Dobbiamo agire su obiettivi molti concreti che permettano il rispetto dei diritti e della dignità dei migranti e contemporaneamente evitare rigurgiti razzisti facilmente suscettibili in situazioni non governate.

Dobbiamo avere il coraggio di denunciare un’Unione Europea che chiude la frontiere alle persone, si disinteressa dell’emergenza sulla sua frontiera meridionale, aiutata in questo dall’esistenza in Italia di un governo che definire di incapaci sarebbe un complimento, bombarda la Libia e cerca nuovi vergognosi accordi bilaterali per ricominciare con i respingimenti in mare degli immigrati, come sta tentando di fare Maroni con la Tunisia.

La stessa Europa del resto che non esita a strangolare i paesi più deboli, come la Grecia il Portogallo e l’Irlanda, dove a pagare le conseguenze dei feroci piani di risanamento finanziari sono solo i ceti popolari: lavoratori, pensionati, giovani donne, precari e appunto migranti.

Per questo chiediamo:

> la protezione internazionale per rifugiati e richiedenti asilo, con l’applicazione delle leggi esistenti
> la concessione del visto Schengen per tutti gli immigrati ‘economici’ in transito in Italia e che dichiarino di volersi recare in altri paesi europei

Libertà di circolazione per i migranti. Unica scelta possibile per governare l’esodo dal Maghreb

Nazionale – venerdì, 01 aprile 2011

Gli arrivi, prevedibili, degli immigrati dall’altra sponda del Mediterraneo sono stati utilizzati dal nostro Ministro dell’interno non solo per agitare lo spauracchio dell’esodo biblico ma anche per fomentare la psicosi e accrescere la paura dell’arrivo dei clandestini, pericolo incombente per la sicurezza dei cittadini.

Lasciare per settimane e settimane migliaia e migliaia di migranti a Lampedusa, spostarne altre migliaia a Mineo e a Manduria non è stata una scelta dettata dall’incapacità ma da una strategia precisa, decisa al fine di provocare opposizioni e rivolte da parte delle popolazioni locali contro le invasioni barbariche.

Quanto succede nel Maghreb sta scardinando tutti gli equilibri costruiti in questi anni dai governi europei per contenere gli esodi attraverso accordi beceri con i corrotti regimi di quei paesi.

Si finge di sostenere quelle rivolte , di inneggiare alle rivoluzioni arabe per poi portare la guerra umanitaria in Libia al solo scopo di appropriarsi del suo petrolio e scatenarne un’altra assai poco umanitaria nei nostri paesi contro i migranti.

L’Unione Europea preferisce elargire soldi ai paesi interessati da flussi migratori imprevisti e consistenti piuttosto che aprire le frontiere ed accoglierli eppure esistono direttive che prevedono la possibilità per i paesi dell’Unione di concedere lo status di rifugiato almeno per un anno, come forma di protezione temporanea alle persone in fuga da paesi e regioni interessati da gravi crisi che provocano esodi massicci.

Ma nessuno dei 27 paesi dell’Unione vuole adottare una misura di tal genere perché temono che, una volta attivato il meccanismo, sarebbero obbligati a concedere automaticamente tale status a tutti i migranti provenienti dal Maghreb; si rifugiano nell’odiosa e demagogica distinzione tra profughi e clandestini, tra richiedenti asilo e migranti economici, per i quali ultimi non sono previste forme di accoglienza e redistribuzione nei vari paesi europei; distinzione che prelude da una parte a rimpatri collettivi forzati illegittimi e dall’altra ad internamenti in tendopoli posti in luoghi isolati e spersi nelle campagne rispetto ai quali l’unico obiettivo per i migranti è la fuga, con il rischio di suscitare forti tensioni con le comunità locali.

L’Europa dei 27, che con i suoi oltre 500 milioni di abitanti costituisce ancora una delle aree più ricche del mondo, che ha completamente liberalizzato la circolazione delle merci e dei capitali, che ha abbattuto le barriere finanziarie, oggi innalza muri invalicabili contro poche migliaia di migranti!

Anche il governo italiano, se volesse, potrebbe attivare quelle misure di carattere eccezionale di protezione temporanea consentite dall’art.20 del Testo unico sull’immigrazione allo scopo di gestire situazioni di afflusso massiccio di persone che fuggono da paesi in condizioni di grave instabilità: Maroni preferisce evidentemente, per ragioni di pura opportunità politica, portare all’esasperazione sia i migranti che i territori destinatari di tendopoli.

Crediamo che non basti più dire: organizziamo l’accoglienza, che in questi anni nel nostro paese ha significato disumani luoghi di reclusione per gli immigrati e vantaggi economici per il business assistenziale.

Dobbiamo agire su obiettivi molti concreti che permettano il rispetto dei diritti e della dignità dei migranti e contemporaneamente evitare rigurgiti razzisti facilmente suscettibili in situazioni non governate.

Dobbiamo avere il coraggio di denunciare un’Unione Europea che chiude la frontiere alle persone, si disinteressa dell’emergenza sulla sua frontiera meridionale, aiutata in questo dall’esistenza in Italia di un governo che definire di incapaci sarebbe un complimento, bombarda la Libia e cerca nuovi vergognosi accordi bilaterali per ricominciare con i respingimenti in mare degli immigrati, come sta tentando di fare Maroni con la Tunisia.

La stessa Europa del resto che non esita a strangolare i paesi più deboli, come la Grecia il Portogallo e l’Irlanda, dove a pagare le conseguenze dei feroci piani di risanamento finanziari sono solo i ceti popolari: lavoratori, pensionati, giovani donne, precari e appunto migranti.

Per questo chiediamo:

> la protezione internazionale per rifugiati e richiedenti asilo, con l’applicazione delle leggi esistenti
> la concessione del visto Schengen per tutti gli immigrati ‘economici’ in transito in Italia e che dichiarino di volersi recare in altri paesi europei