martedì 5 luglio 2011

SCHEDA SUL DECRETO LEGGE N. 89/11

Il Consiglio dei Ministri nella seduta del 16 giugno 2011 ha licenziato un decreto-legge recante: “Disposizioni urgenti per la completa attuazione della Direttiva 2004/38/Ce e per il recepimento della Direttiva 2008/115/CE”. Il decreto legge è stato promulgato dal Capo dello Stato e quindi pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 23 giugno 2011 ed è entrato in vigore a decorrere dal 24 giugno 2011. Il Ministero dell’Interno ha immediatamente emanato una circolare (circolare n. 17102/04 del 23 giugno 2011), indirizzata a Prefetti ed altre autorità di Pubblica sicurezza. Di seguito verranno sintetizzati gli aspetti più salienti del decreto (relativamente alla sola parte riguardante i cittadini extracomunitari), confrontando le scelte compiute dal legislatore con quanto disposto dalla Direttiva 115/2008 (cosiddetta Direttiva Rimpatri) che il decreto n. 89/11 ha proprio lo scopo di attuare.

1.La partenza volontaria.

Il diritto alla concessione del termine per la partenza volontaria è attribuito solo su richiesta dell’interessato. Il cittadino straniero dovrà quindi essere debitamente informato di tale possibilità dalla Questura. In caso di concessione di tale termine, il questore chiede allo straniero di dimostrare la disponibilità di risorse economiche sufficienti derivanti da fonti lecite, per un importo proporzionato al termine concesso, compreso tra una e tre mensilità dell’assegno sociale annuo. Il questore dispone, altresì, una o più delle seguenti misure: - consegna del passaporto o altro documento equipollente in corso di validità, da restituire al momento della partenza; - obbligo di dimora in un luogo preventivamente individuato, dove possa essere agevolmente rintracciato; - obbligo di presentazione, in giorni ed orari stabiliti, presso un ufficio della forza pubblica territorialmente competente. Con riferimento a tali previsioni, si ritiene opportuno segnalare alcune discordanze con quanto previsto nella Direttiva Rimpatri. a.il governo ha indicato l’esistenza di una disponibilità economica in capo al cittadino di Paese terzo quale presupposto per la concessione del termine; al contrario, di tale presupposto, non è fatta menzione nella Direttiva Rimpatri che prevede unicamente che lo Stato possa imporre al cittadino di Paese terzo la “costituzione di una garanzia finanziaria adeguata”. E’ evidente, in questo caso, l’intento del legislatore di eludere l’effetto utile della direttiva posto che in sede di identificazione l’ipotesi che il cittadino straniero riesca a “dimostrare la disponibilità di risorse economiche sufficienti derivanti da fonti lecite” è molto remota. b.il decreto legge assegna un cruciale rilievo alla disponibilità, da parte del cittadino straniero, di un passaporto o documento equipollente: senza il passaporto può essere infatti ritenuto sussistente il rischio di fuga, possono essere applicate misure coercitive, può essere disposto il trattenimento in un C.I.E. Questa previsione rischia di avere una portata in concreto elusiva delle garanzie che la direttiva rimpatri assegna al cittadino straniero, soprattutto se si considera che nelle disposizioni del decreto legge non si fa alcun cenno ad un dato che, invece, potrebbe (e dovrebbe) avere un certo rilievo ossia l’incolpevole incapacità di esibire un passaporto. Ciò in palese violazione di quanto contenuto nella Direttiva Rimpatri. c.Il governo ha previsto che gli obblighi sopra richiamati siano sempre applicati a colui al quale è stata concessa la partenza volontaria; la Direttiva Rimpatri prevede invece che gli stati membri possano imporre obblighi diretti ad evitare il rischio di fuga.

2.Il trattenimento nei CIE.

L’art. 14 comma 1 e 1 bis D.lgs. n. 286/1998 prende in considerazione i casi in cui –non essendo stato concesso il termine per la partenza volontaria e non essendo possibile eseguire immediatamente l’espulsione si deve procedere al trattenimento del cittadino di Paese terzo in un Centro di identificazione ed Espulsione. Quanto alla durata del trattenimento si segnala che la procedura delineata nel decreto legge prevede – sostanzialmente - due fasi: una prima fase estensibile sino ad un massimo di 180 giorni (suddivisi in periodi di trenta giorni, trenta giorni, sessanta giorni, sessanta giorni) ed una seconda fase prolungabile sino ad un massimo di 12 mesi per effetto di singole proroghe di volta in volta non superiori ciascuna a 60 giorni (il che comunque non esclude che vi possano essere proroghe di durata inferiore a 60 giorni). Il decreto legge prevede che - qualora sia impossibile il trattenimento in un C.I.E, ovvero esso sia cessato per raggiungimento del termine massimo di trattenimento- al cittadino straniero venga impartito un distinto ed autonomo ordine di allontanamento dal territorio dello Stato entro sette giorni. Si rileva a tal proposito che il decreto legge, in violazione di quanto previsto dalla Direttiva Rimpatri, non fa alcun cenno all’Autorità che si dovrà occupare della vigilanza del rispetto della dignità della persona; trattandosi di detenzioni che – seppur amministrative- possono protrarsi fino a 18 mesi, la previsione di un intervento della magistratura di sorveglianza – in chiave di garanzia - sarebbe oltremodo auspicabile.

3.Le sanzioni penali.

Il decreto legge introduce diverse fattispecie incriminatrici e, in particolare: - la violazione delle misure coercitive impartite ai sensi dell’art. 13, comma 5.2., D.lgs.n. 286/1998, punita con la pena della multa da 3.000 a 18.000 euro; - la violazione delle misure coercitive impartite ai sensi dell’art. 14, comma 1 bis, D.lgs. n. 286/1998, punita con la pena della multa da 3.000 a 18.000 euro; - la violazione – senza giustificato motivo - dell’ordine di allontanamento emesso dal Questore ai sensi dell’art. 14 comma 5 bis, punibile – a seconda dei casi - con la multa da 6.000 a 15.000 euro (espulsione disposta ex art. 13, comma 5, D.lgs. n. 286/1998) o da 10.000 a 20.000 euro (negli altri casi); - la violazione – senza giustificato motivo - dell’ordine di allontanamento emesso dal Questore ai sensi dell’art. 14 comma 5 ter terzo periodo, punibile con la multa da 15.000 a 30.000 euro. La competenza per materia è stata attribuita al Giudice di Pace. Il decreto legge prevede che in casi di condanna per uno dei reati sopra elencati, il Giudice di Pace possa applicare, al posto della multa, la sanzione sostitutiva dell’espulsione. Tale possibilità determina – in concreto – l’elusione delle garanzie previste dalla Direttiva Rimpatri che non può essere applicata a coloro che sono sottoposti a rimpatrio come sanzione penale.

4.Il divieto di reingresso.

Il decreto legge dispone che il decreto di espulsione venga corredato da un divieto di reingresso per un periodo non inferiore ai tre anni e non superiore ai cinque. In caso di pericolosità del cittadino straniero il divieto deve avere una durata superiore ai cinque anni. Tale previsione si pone in contrasto con quanto previsto dalla Direttiva Rimpatri che impone agli Stati membri di corredare la decisione di rimpatrio con il divieto di reingresso in due soli casi, ossia: decisione di rimpatrio senza concessione del termine per la partenza volontaria e inottemperanza all’obbligo di rimpatrio. Negli altri casi la possibilità di corredare il divieto di reingresso alla decisione di rimpatrio è prevista come mera facoltà degli Stati membri.

Si rammenta, infine, che il decreto legge è stato pubblicato in G.U. il 23 giugno 2011 e perderà efficacia sin dall’inizio se il Parlamento non provvederà a convertirlo in legge entro 60 giorni dalla sua pubblicazione.

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